L’artigianato in Italia è una delle industrie che più ci differenzia nel mondo: a livello internazionale infatti, alcuni marchi di moda e arredo sono tra i top player e sovente si porta l’attenzione sul savoir faire della produzione artigianale contrapposta alla fredda e banale produzione industriale.
La tradizione dunque rimane un punto di riferimento del Made in Italy, e la cultura dei mastri artigiani si piazza come caposaldo nel differenziarci dagli altri paesi e come simbolo di qualità. Ma significa forse che la tradizione non può incontrare l’innovazione? Il nostro artigianato è condannato ad essere rinchiuso in una bolla e a restare immune al tempo che passa? In questo articolo proviamo ad analizzare con occhio critico il complesso rapporto che può instaurarsi tra questi due concetti apparentemente opposti.
Artigianalità non significa arretratezza
Partiamo da questo punto fondamentale: non vogliamo assolutamente contrapporre i due termini di artigianato ed innovazione come opposti tra di loro, anzi. L’artigianalità è un elemento di differenziazione innovativa, e lo possiamo vedere in moltissimi settori economici: dall’agricoltura ai già citati moda e arredo, sino ad arrivare al turismo.
Proviamo a pensare ai trend degli ultimi anni, in cui il viaggiatore cerca una personalizzazione dell’esperienza e un’offerta quanto più specifica possibile; ecco che il turismo artigianale, legato al territorio e rispettoso dell’originalità del luogo in cui viene praticato, acquista un valore tale per cui l’intero settore diventa traino dell’economia del paese.
È la biodiversità a rappresentare un’opportunità incredibile per il turismo italiano; e proprio sulla biodiversità è necessario puntare quando si immagina il rilancio e la riqualificazione dei borghi e delle province – in ambito turistico – piuttosto che produzioni di nicchia in ambito produttivo, che diventano poi di alto interesse a livello internazionale.
Questi principi sono molto importanti; a livello globale rappresentano un caso di studio molto prezioso, e già tanti paesi si sono mossi in questa direzione. Uno su tutti, l’insospettabile Cina.
Focus internazionale: l’artigianato cinese
L’esempio cinese non è preso a caso. È ormai giunta l’ora di abbandonare l’idea che la produzione industriale cinesa sia basata solo ed esclusivamente sulla riproduzione di bassa qualità dei prodotti americani ed europei. Certo, quell’industria esiste ancora, e in quanto al prezzo non si può fare certo concorrenza alla produzione cinese; ma anche a livello manifatturiero si stanno compiendo passi da gigante, tanto che sul piano della creatività e del design non si può neanche più parlare di distacco troppo consistente.
Possiamo quindi affermare che artigianato italiano e cinese siano allo stesso livello? Assolutamente no: il nostro paese può contare su una tradizione e sul saper fare che non possono essere colmati da un giorno all’altro. Al momento, il prodotto italiano si differenzia concretamente per la sua unicità dovuta dalla manualità e da pratiche antiche difficilmente assimilabili da altre culture.
Quindi, siamo al riparo da qualsiasi minaccia si possa formare oltre i nostri confini? Anche in questo caso la risposta è negativa: se in quanto ad expertise l’artigianato italiano non ha rivali, esistono altri fronti su cui abbiamo molto da imparare dall’industria cinese (e non solo); la già citata innovazione tecnologica, ad esempio, piuttosto che nuovi modelli di distribuzione che non conoscono rivali. Come ci possiamo muovere dunque in questo scenario?
La convivenza tra artigianato e digitale, anche detta artigianalità digitale
Abbiamo visto quindi che la stretta osservanza della tradizione non è sufficiente a competere sui mercati internazionali. In un ecosistema segnato dall’impatto delle tecnologie 4.0, limitarsi a conservare gesti e saperi ereditati dalla storia non basta.
È proprio per questo che è necessario monitorare le tendenze dei prossimi anni, come ad esempio la sostenibilità, la green economy, o la cosiddetta artigianalità digitale. Ma in cosa consiste esattamente?
Dobbiamo tenere conto che le difficoltà incontrate dalla distribuzione tradizionale e il peso crescente assunto dagli smartphone trasformeranno in modo significativo il nostro modo di scegliere cosa comprare. Esistono però delle nuove tecnologie con cui è possibile disegnare collezioni virtuali per influencer reali, è possibile visitare yacht prima che qualcuno abbia iniziato la loro costruzione, sviluppare arredi su misura per un cliente conosciuto via Skype.
Questa progettazione virtuale, che si muove in un ambiente dove la varietà di prodotti è sconosciuta al mondo della produzione di massa, ha bisogno di una manifattura capace di ascoltare le richieste di clienti spesso molto esigenti, di gestire lo sviluppo del prodotto in tempi contenuti, di farsi carico di lotti di dimensione minima.
Questo nuovo modo di fare impresa dovrebbe forse spaventarci? Non proprio, visto che è già oggi parte del DNA del nostro Made in Italy: la migliore manifattura italiana ha da tempo costruito la propria competitività sul modello di un’industria “su misura”. La capacità di combinare digitale e tradizione può rappresentare uno degli aspetti distintivi della migliore manifattura europea.
È sbagliato pensare che puntando esclusivamente sulla tecnologia si possa tornare ad essere competitivi a livello globale; ne è un esempio Adidas, che ha tentato di riportare la produzione di sneakers nel vecchio continente scommettendo sull’innovazione in senso stretto, nell’ambito produttivo. Purtroppo, si è trattato di un fallimento perché non veniva creato del valore aggiuntivo, non vi era la presenza di un elemento distintivo; la produzione quindi è ritornata in oriente.
La combinazione fra digitale di punta e mestieri della tradizione può apparire incoerente a un’opinione pubblica poco abituata a conoscere da vicino il Made in Italy. In realtà la saldatura fra digitale e maestria artigiana, già oggi abbondantemente praticata, è l’unica strada per ricomporre un’alleanza fra creatività e manifattura tradizionale, fra talenti e territori in difficoltà, fra generazioni diverse che hanno bisogno di ritrovare punti di contatto fondati sull’opportunità economica oltre che sul riconoscimento culturale. È proprio sulla gestione di questi opposti (apparenti) che oggi è possibile immaginare un progetto di sviluppo che guardi al futuro del nostro Paese.